Mostra
La Wunderkammer di Riccardo Blumer



Anche in questa edizione del Festival della Meraviglia, una stanza della meraviglia, una Wunderkammer, non poteva mancare. Quest’anno vengono allestite diverse opere di design “inusuale” dell’Architetto Riccardo Blumer: oggetti con funzione diretta quali sedute e lampade, oppure “indiretta” perché senza funzione, come Danzatori, Diatomee, Anime. Gli oggetti di design possono essere realizzati in seguito alle richieste di collezionisti o privati, ma nascono fondamentalmente dal bisogno irrefrenabile di farli esistere.

EQUILIBRATI D’ARIA

L’opera centrale della mostra è un’installazione che sfiora il confine tra il collettivo e l’individuale: 70 opere di altrettanti studenti che sfidano l’equilibrio tra il cielo e la terra.
Gli studenti, hanno lavorato a partire da un prisma di legno identico per tutti.
L’incarico: modificarlo togliendo materia, trasformandolo nella forma e trovandogli un punto di equilibrio.
Il vincolo: poter usare solo strumenti manuali — lima, carta vetrata — e un trapano, per realizzare l’invito del punto d’appoggio.
La verifica finale è un gesto essenziale: appoggiare la propria forma su un sottile perno metallico. Un istante di verità, dove la precisione dell’intuizione progettuale e la qualità della mano trovano riscontro nell’equilibrio reale.
Le forme nate da questo processo sono sempre diverse. Ognuna porta visibile la traccia del lavoro che l’ha generata: superfici più o meno lisce, segni, finiture, fragilità, carattere.
I risultati più sorprendenti sono spesso gli oggetti asimmetrici, dove l’equilibrio sembra impossibile — e proprio per questo diventa evidente l’intelligenza costruttiva che lo ha reso possibile.
L’esercizio abitua gli studenti a pensare attraverso la sottrazione, a lavorare con il limite dell’irreversibilità. La forma e il bilanciamento non sono due momenti separati, ma un unico gesto di progetto.

Riccardo Blumer

foto Vassallo
Laureato in Architettura al Politecnico di Milano nel 1986, Riccardo Blumer si è formato nello studio di Mario Botta. Dagli anni ‘90 ha realizzato numerosi edifici, allestimenti e arredi, sia privati sia pubblici, tra cui quelli della Scala di Milano per le parti amministrative e di rappresentanza. I suoi prodotti di design hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti, tra i quali il Compasso d’Oro; alcuni progetti fanno parte di collezioni permanenti di musei come il MOMA di New York. Numerose pubblicazioni documentano il suo lavoro nei vari ambiti. Lavora in gruppi come Blumerandfriends, dove ha elaborato gli “Esercizi Fisici di Design e Architettura”, installazioni permanenti e temporanee in Italia, Francia e Svizzera, esercizi didattici, conferenze e seminari. Professore in molteplici scuole, diviene titolare nel 2013 presso l’Università della Svizzera Italiana Accademia di Architettura a Mendrisio, di cui sarà direttore dal 2018 al 2022. La sua ricerca didattica universitaria è incentrata sul rapporto tra l’architettura e le tecniche di genesi, che ne costruiscono valore comunitario e senso attraverso sperimentazioni tra danza, evento performativo, processionale ed effimero. Ha partecipato come invitato alla biennale di architettura di Venezia del 2019 e a quella di Seoul in Corea del Sud nel 2023. Nell’autunno del 2023 si è svolta presso l’ADI Milano Museum una mostra personale sulle sue costruzioni “d’allenamento” in piccola scala, dove sono stati presentati anche gli ultimi libri sul suo lavoro per la serie “Quaderni 1,2,3,4 di Riccardo Blumer”, edizione Corraini.

Studenti dell’Accademia di Architettura USI di Mendrisio (CH)



L’atelier orizzontale “Costruire per il movimento” diretto da Riccardo Blumer all’Academia lavora lungo i due semestri con 70 studenti per volta, attorno a temi costruttivi, performativi e installativi.
Si costruiscono strumenti sonori, macchine per il movimento, meccanismi articolati. Gli oggetti nascono sempre in funzione di un’esplorazione pubblica finale: una mise en scène collettiva, in luoghi aperti di Mendrisio e dintorni.
Queste azioni performative non sono un’esibizione, ma la naturale conclusione di un percorso che unisce progetto, costruzione e azione. I dispositivi costruiti diventano corpi mobili, estensioni, attori.
Durante il semestre, esercizi di movimento e sequenze coreografiche preparano gli studenti alla relazione tra spazio, corpo e oggetto.
L’esperienza è concreta, fisica, spesso faticosa.
Ma proprio in questa dimensione di realtà si rivela la forza del lavoro di gruppo: quando l’insieme diventa più potente della somma delle sue parti. Quando l’evento pubblico lascia un segno nella memoria, nel corpo, nell’emozione condivisa.